Gianfranco Tognarelli

 

“Esperimenti ed esperienze mentali”            

di Rosella Federigi 2007

 

“E’ quando le emozioni sono così intense, che ti metti a lavorare senza  sapere di lavorare… e le pennellate si susseguono con progressione e percezione più rapida del pensiero…”

(Gianfranco Tognarelli)

 

Nelle opere di Gianfranco Tognarelli lo sguardo individua subito archetipi cromatici, che  sembrano accomunati da un costante schema narrativo, di  pura analisi interiore.

Si invoca la dissoluzione delle immagini e il tramonto del sistema prospettico  in nuovi processi esperenziali che emergono dalle pure emozioni dell’autore.

In una evocazione di luce, colore e di originalità compositiva vive un principio di equilibrio e di autonomia interna.

La demarcazione di ogni pennellata, attraverso cui avviene la fusione delle cose nello spazio continuo, offre una comunicazione minimale, premessa del suo linguaggio pittorico. La linea  non è più convenzione, ma scoperta e costruzione; per conquistare autonomia essa diviene altro, si sdoppia, prolifera, passando e ripassando attraverso profili di figure che ormai sono soltanto concetti, dintorni mentali dell’artista.  Si sperimenta l'inconsistenza, che apre nuove possibilità di ricerca e diventa profilo stilistico personalissimo. Penetrati e trasformati dalle linee, gli oggetti-colore, da contenuti, si confondono in colori-contenitori (sfondo), in un  gioco infinito di cromatismi di rossi, gialli, blu, verdi, alla scoperta della loro promiscuità, come per riunire nella percezione retinica tutto ciò che nello spazio reale è unico in luce e profondità.

Il fascino di questi dipinti nasce dalla consapevolezza che traspare dall’artista Tognarelli, quella cioè di non accettare per dato nessun metodo pittorico tradizionale; ha desiderato ricominciare daccapo, non per ostentare un meraviglioso virtuosismo, ma per sviluppare con passione quel misterioso rapporto fra luce, forma e colore, un motivo ideale su cui esercitare acume e fantasia. Dall’abilità tecnica acquisita all’Accademia, come l’aver imparato a rappresentare la natura, a disegnare correttamente, a usare i colori e pennello, aver poi assimilato i contributi rivoluzionari dell’ Impressionismo, nasce proprio quell’insoddisfazione creativa che sprofonda  nell’incessante voglia di conoscenza del mondo di sè a partire dall’altro di sè.

 

Le opere di Gianfranco Tognarelli coi versi di Rosella Federigi

 

“Colori affioranti in toni sommessi, promiscui, sbramati  dal solo gusto di pensare; orme rese immobili,  invase dall’unica forza di emergere dal contesto irruvidito e obsoleto del piano

Orde di pennellate si affollano  teneramente nel luogo delle relazioni apparenti e frapposti tra esse, frazioni di tempo, si insinuano come  vuoti a perdere, riempiti da volumi di distanze.

 Segni indistinti e intrisi dal desiderio di vedere ricomporsi a tratti i volti astratti delle cose perdute, degli amici di sempre, degli amanti nascosti.

Disseminate tutte intorno le loro tracce, qualcuno si vede di tanto in tanto emergere, qua e là, tra le pieghe sbiadite dei contorni e spiando dai piccoli squarci cromatici, si aprono improvvisi abissi senza fondo e allora si  scopre di fluttuare in un vago intorno matematico.

Scegliere ogni volta un colore unico, per soddisfare la propria voglia di certezza, di appartenenza e in segreto lasciarsi delirare, ogni volta, nella conturbante incertezza delle sue mille sfumature.

Come un frattale, basta avvicinare lo sguardo per capire che già un nuovo orizzonte è pronto ad affacciarsi, a replicarsi e a moltiplicarsi,  come le idee si affastellano nella mente se ci si sofferma un attimo a zoomare.

E così continuando si riescono a  distinguere gli esili e umili filamenti di materia, sempre più assottigliati, fino a confondersi intimamente  tra loro, ma sempre fieri di mostrarsi in se stessi, nella propria traccia, pur sapendo nel complesso di rappresentare altro.

Non è il racconto di una bella storia inventata e mai vissuta che ci salva dal solito mondo,  ma è il desiderio di un  altrove nella vita di sempre; quell’altrove che anche quando non si realizza, ci appartiene, fosse  solo perché lo abbiamo cercato a tutti i costi e in ogni momento”.

Per la Mostra Montemarcellospazio ATELIER - Luglio 2010

 

Una lirica dell’essere attraversando colori: ecco il fine intenzionale di Gianfranco Tognarelli.

Mirare a conciliare l’impalpabile libertà del pensiero con la sordità delle regole teoriche, in un’incessante e valorosa ricerca senza pudori e senza maschere.

 E’ il tormentato tentativo di una redenzione dei colori dal loro peccato originale, vale a dire la perdita della sensuale purezza di quando sono usati per la prima volta; e se ogni dipinto riconquista la sua natura tridimensionale dal piattume della tela semplicemente catturando la luce, la riflessione induce un’emozione estetica che si rivela un universo inesplorato: vivide sensazioni suscitate da momenti in cui la corporeità degli oggetti si scioglie e si raddensa nella sostanza dei colori.

L’energia di questa pittura nasce dalla volontà di denudarsi dall’imposizione iconica: gradazioni eidetiche sfumate e non più imprigionate dall’unico disegno, dall’unico significato.

Un impatto visivo che invita a decostruire, come in un gioco all’inverso, tutto ciò che parte dall’essenza fino a ricavarne una sublime immagine. Le forme accennate sono l’effetto dell’incontro empatico dell’artista con il mondo; la sua mente prismatica, nel comporre variegate tonalità, può dirsi certa di trovare, ogni volta, quello che cercava: il colore che non c’era, quel colore che mancava.

Dalla relazione mente–impressione–espressione prendono vita, nella moltitudine delle tele, i temi onirici di storie infinite in frammenti di spazi dedicati a chi vuole, giorno dopo giorno, sperimentare la vita.

Qui, sistematicamente e di proposito, si viola la prospettiva: la rappresentazione dello spazio/tempo si espande nella luminosità cromatica, in una forma minimale, involuta, come un seme che conserva il desiderio di svilupparsi, pur celando già in sé la completezza di un essere.

 E’ la conturbante ricerca della diversità insita nello sviluppo come indice d’identità!

Naufragandomi nei vortici di luce posso percepire pienamente l’inquietudine della sintesi, l’uso puntiglioso delle tonalità, ma soprattutto la limpida musicalità delle pennellate che scivolano mentre tramano il proprio posto nella banda dei segni, dandomi l‘impressione che in nessun altro modo, Gianfranco, avrebbe potuto esprimere al meglio ciò che rende.

 Ogni sua creazione, quando si fa mondo, si conquista il suo senso di necessità, trasmettendo così quella profonda quanto preziosa sensazione di aver toccato un ideale; una privilegiata sensazione che può provare solo chi è disposto a imbattersi, senza téma di errore o d’inganno, in un lungo e tortuoso percorso, magari senza fine…

Come musica da camera queste opere emergono dal silenzio e rifuggono il tempo semplicemente con l’incessante incedere: esse nascono per poi rinascere, ogni volta, a ogni sguardo, a ogni pausa, mentre l’artista che ne dirige l’opera, sa bene di essere solo il primo ascoltatore di sé.

                                                                                                         Rosella Federigi.

Le mie impressioni sulle opere di Gianfranco Tognarelli

 

Si dice che in ogni quadro dovremmo essere in grado di scoprire cose nuove ogni volta che lo guardiamo. Si può guardare un quadro per un po' di tempo e poi non ripensarci più, si può guardare un quadro per un secondo e poi ripensarci per  tutto il resto della nostra vita, ma si può anche veder “transitare” il denso coacervo di passato presente e futuro, nel fuggitivo scorcio di tela...

 

Quello che cerco nella pittura è il suo magnetismo, la sua emanazione di sensazioni, quello che   proietta nel nostro immaginario.

 

Ed il  quadro si fa espressione, “il” luogo di incontro, il portale di ingresso a condizioni pluridimensionali che si nutrono voracemente di emotività; onde elettromagnetiche, che risuonando in lungo e in largo alle massime frequenze del percettibile e oltre, inondano di bagliori visivi i percorsi ormai scialbi del pensiero, generando eteree idee, così densamente profuse tra mente e spazio visivo, che diventano della stessa sostanza e dove ciascuno, a suo modo, intuitivamente, vede nascere a partire dai propri occhi il miracolo del reale che si protende nell'immaginario di sé: un colore più due colori non fanno tre colori, ma una miriade di sfumature luminose che fertilizzano le idee!

 

E così i quadri di Gianfranco Tognarelli, nel fruitore scaltro e attento, in un attimo emettono scintille.

 

Alcuni infiammano come i tramonti estivi o rischiarano come terse mattine primaverili, altri invece abbagliano come la bellezza prorompente della natura selvaggia o la bellezza immaginifica di una poesia.

Questi dipinti, che ai più appaiono un innocente gioco di colori, ad un tratto schizzano all'apice di un funambolico frastuono di luce, tra toni intensamente sfumati e tratti densi di colore: “E' l'improvvisa irruzione dell'infinito nel finito” (Kant).

 

Rosella Federigi