Raffinatezza e coerenza nelle incisioni di Giancarlo Tognarelli

di Ilario Luperini

Sulla pittura di Gianfranco Tognarelli molto è stato detto. Più di ogni nota critica, rimangono impresse le parole di un gruppo di ragazzi, in un’esperienza di rapporto diretto con Gianfranco e il suo linguaggio”…. E così lì dentro, tra quelle pennellate di colore, c’erano il magma incandescente che riposa nel grembo della Terra, le cascate e la forza prorompente dell’acqua e un vortice di liane, di foglie. Un risveglio generale e improvviso generato da un sogno. Addormentarsi per destarsi, finalmente. A conti fatti tutti noi abbiamo visto questo nelle opere di Tognarelli, una grazia e insieme un potere. Un potenziale che aspettava di esplodere, a stento trattenuto dalle cornici del quadro, e di cui solo la natura può essere portatrice, lei coi suoi misteri, lei insondabile, tuttora incomprensibile all’uomo, che ha costruito i grattacieli ed è andato nello spazio ma di fronte a un cataclisma ancora resta stupito e ammaliato, inerme….” Nient’altro da aggiungere.

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Le sue incisioni, invece, fino a oggi non sono state oggetto della dovuta attenzione, forse perché lui stesso le ha confinate nei cassetti del suo studio, eppur così dovizioso di lastre che rarissimamente hanno visto una qualche tiratura.

Questa esposizione, invece, è giustamente a loro dedicata. Bene ha fatto Nicola Micieli, con la consueta sensibilità e competenza, a organizzare l’evento.

I temi che Tognarelli affronta sono quelli della consuetudine, ma assai personale è il modo in cui li sviluppa. Innanzi tutto il segno: lieve e insieme profondo, parco e, allo stesso tempo, ricco di evoluti cromatismi, in continua modulazione di varianti. Nei suoi lavori, di piccole o più grandi dimensioni, trascorre una profonda umanità. Tognarelli entra in totale simbiosi con la lastra su cui, con amorevole scrupolo, compone il segno. E, nelle scene che rappresenta, siano esse vedute paesaggistiche o tratti fisiognomici o altro, proietta tutto se stesso, senza riserve o remore. Lo fa con un innato senso dell’equilibrio, alla ricerca di un armonia che è, prima di tutto, interiore. Osservando le sue prove, sembra di vederlo all’opera: concentrato e attento ai particolari, con la mente e l’anima protese verso i risultati, pronto a variare tempi, morsure, profondità, se il primo tentativo di stampa non lo convince. Nel panorama degli incisori viciniori, si distingue proprio per questo condurre il segno con parsimonia e coerenza stilistica; un segno che già nei primi momenti della creatività nasce carico di equilibrio e di forza costruttiva. Non gli interessa di essere troppo bravo – sono parole sue – ma lo rapisce il desiderio di provare, di sperimentare, di indagare le sottigliezze del lavorio interiore, in cui manualità e intellettualità si integrano a perfezione. Perizia tecnica e spunti creativi sono in perenne relazione, trovando, ogni volta, reciproci arricchimenti. Nelle tavole esposte, si coglie un percorso interno che Micieli ben coglie; non tanto in senso evolutivo, perché l’intensità espressiva è sempre assai alta, quanto nell’ambito di un progressivo processo di analisi e di sintesi che di volta in volta si arricchisce di articolazioni raffinate e convincenti.

Proprio per questo, gli esiti formali variano dai toni scuri, in cui la forma prende corpo quasi in bassorilievo, fino a delicatissime e sottili trame in cui predomina l’elegante chiarore della luce.

In conclusione, possiamo affermare che in Tognarelli si scopre la rispondenza tra un linguaggio grafico nitido ed essenziale, ma nello stesso tempo allusivo ad ariosi e sensibili mutazioni liriche dell’immagine, con un sentimento della realtà fatto di un amore che cresce con la più lucida attenzione analitica.

 

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Gianfranco Tognarelli